Da Oslob il nostro piano prevedeva di spostarci verso l’isola di Bohol, proprio lì di fronte.
Le alternative erano due: tornare a Cebu, affrontare il traffico e il caldo afoso e prendere il traghetto; oppure navigare tranquillamente a bordo di una piccola e comoda bangka locale traversando il tratto di mare che separa le due località.
Come non approfittare di questa agevolissima scorciatoia?
Il cielo era un po’ nuvoloso ma, parole di Giulia: “gli abitanti del luogo percorrono questo tragitto ogni giorno e sicuramente sono abituati ad affrontare anche il maltempo”.
Così decidiamo di salire a bordo dove siamo accolti da una ciurma di bambini che ha urlato incessantemente “bananaaaaa” finché non ne abbiamo comprata una. Una volta gustata la nostra banana ci ritenevamo pronti a partire, eppure non ci siamo mossi.
Non ci siamo mossi per circa un’ora, poi come se d’un tratto i venti fossero finalmente propizi, il capitano ha deciso di salpare e siamo partiti alla volta di Bohol.
Lì per lì non abbiamo capito il motivo di questa attesa, ma dopo pochi minuti tutto è stato chiaro. Infatti dopo nemmeno un quarto d’ora dalla nostra partenza ha iniziato ad alzarsi un forte vento che, gentile, portava con sé una pioggia obliqua e ficcante e un mare sempre più mosso.
Abbiamo capito allora che il capitano voleva regalarci una vera esperienza da marinai e non la solita crociera tranquilla da una spiaggia all’altra.
Quello che non sospettavamo era che il bello doveva ancora venire.
Infatti, una volta in mare aperto, il motore della nostra bangka si è spento lasciandoci in balia della pioggia e delle onde.
Marco, vecchio lupo di mare, fissava l’orizzonte, chiedendosi se la colazione della mattinata fosse anche la sua ultima, mentre Giulia, sottilmente in preda al panico, ha trovato il coraggio di chiedere al capitano “what’s the problem?”, ricevendo come unica risposta un rassicurante pollice alzato.
Nell’ora successiva, passata alla deriva, il capitano ha chiamato all’ordine il suo agile e giovane equipaggio (4 ragazzi in infradito sui diciott’anni circa) e tutti insieme hanno iniziato a darsi da fare aprendo botole e tirando fili.
E così, apri e chiudi, tira e molla, siamo riusciti ad uscire dall’impasse e ripartire.
Uno dei 4 dell’equipaggio, evidentemente quello con la vista buona, si è posizionato a mo’ di polena umana sulla prora della barca e, puntando il dito, ha indicato alla ciurma la rotta da seguire in mezzo alla foschia temporalesca.
Siamo così arrivati a terra sani salvi e con una nuova consapevolezza riguardo alle scorciatoie, specie quelle marine.
Dopo esserci ripresi dal viaggio, meditando sul senso ultimo dell’esistenza, ci siamo fiondati verso la spiaggia principale dell’isola di Bohol: Alona Beach, dove abbiamo trovato, oltre ad un mare splendido, un’atmosfera totalmente diversa rispetto a Oslob.